“Il corpo è il tempio in cui risiede l’intero universo; attraverso il corpo si realizza l’unione con il divino.”

– Abhinavagupta, maestro del Tantra non duale (X sec.) –

IL CORPO NON E’ UN OSTACOLO

Non è qualcosa da superare, correggere o lasciare indietro nel cammino spirituale.

È la via.

È il tempio dell’esperienza, la soglia tra visibile e invisibile, tra ciò che siamo stati e ciò che possiamo diventare.

Parlare del corpo come via non significa idolatrarlo o inseguire il piacere fine a sé stesso, ma riconoscere che attraverso il corpo possiamo incontrare tutto ciò che siamo: le nostre tensioni, le ferite, ma anche la nostra presenza profonda, la quiete, la coscienza espansa.

In questo articolo del blog spiego come, durante la meditazione, anche il dolore può trasformarsi in porta verso stati di coscienza più ampi.

Nelle tradizioni tantriche, yogiche, sciamaniche — e in ogni percorso che riconosce l’unità tra spirito e materia — il corpo è il luogo della trasformazione alchemica.

È lì che si sedimentano memorie, emozioni, schemi antichi.

Ed è sempre da lì che può partire una vera liberazione.

IL CORPO NON MENTE

Parla attraverso tensioni, posture, resistenze, dolori… ma anche attraverso intuizioni, piacere, estasi, apertura.

E quando impariamo ad ascoltarlo — davvero, senza giudizio — ci accorgiamo che ci guida.

Ci indica dove siamo bloccati. Dove stiamo evitando. Dove possiamo ritornare vivi.

Spiritualizzare il corpo e incarnare lo spirito sono due movimenti che si completano.

Il primo ci ricorda che il corpo è sacro, che ogni gesto può essere rituale.

Il secondo ci invita a portare lo spirito nelle mani, nei piedi, nella schiena, nel respiro. A vivere la presenza.

In questo approccio, non si cerca l’evasione dal corpo, ma il suo ritorno consapevole.

E ogni trasformazione reale parte da lì:

dal corpo che sente, che agisce, che sceglie, che crea nuove abitudini, nuovi ritmi, nuove forme di stare al mondo.

Il Karma Yoga — la via dell’azione — ci insegna che ogni gesto può essere offerta.

Che non serve fuggire nel silenzio o nella quiete astratta per sentirsi spirituali.

Basta esserci davvero nel corpo, anche nella fatica, anche nella materia, anche nel quotidiano.

Perché il corpo è memoria, ma è anche futuro.

È radice e slancio.

È casa e strumento.

È il primo luogo da abitare per portare lo spirito nel mondo.

“Questo corpo è il campo; colui che lo conosce è il conoscitore del campo.”

– Bhagavad Gita, 13.2 –

Il corpo è il campo dove si muovono emozioni, pensieri, energia e intenzione.

E attraverso il corpo possiamo trasformarli.

Questa è la base dei 4 pilastri del cambiamento: ciò che si riflette nel corpo può anche essere trasmutato da esso.

Ogni gesto diventa consapevolezza. Ogni respiro, una scelta.

DA QUI INIZIA IL PERCORSO

I 4 pilastri del cambiamento: trasformare attraverso il corpo

Il corpo non è separato da ciò che senti, pensi o vivi.

Ogni emozione, pensiero, energia in movimento o in stallo si riflette nel corpo.

E dal corpo possiamo iniziare a trasformarli.

Per questo il mio approccio lavora su quattro pilastri fondamentali, sempre con il corpo come punto di partenza e di ritorno:

1. Emozioni

Le emozioni represse si annidano nelle spalle, nel bacino, nella mascella…

Ma non basta parlarne: occorre sentirle, muoverle, lasciarle passare.

Nel corpo ritrovano spazio e voce.

2. Pensieri e convinzioni

Le idee che abbiamo su di noi si fanno postura: ci chiudiamo, ci irrigidiamo, ci tratteniamo.

Cambiare il pensiero a volte passa da un gesto nuovo, da un respiro diverso, da un atto concreto.

3. Energia

Quando è bloccata, ci sentiamo spenti, stanchi, o in ansia.

Attraverso il corpo possiamo farla fluire di nuovo, con movimento, respiro e suono.

4. Intenzione e Presenza

Non è solo cosa facciamo, ma come.

Ogni gesto può diventare rituale, ogni pratica un modo per abitare la vita con intenzione.

Tutto parte e ritorna al corpo.

È il nostro ponte. Il nostro primo alleato.

Ed è da lì che possiamo cominciare ogni trasformazione.